Honoré de Balzac ha tratteggiato un ritratto psicologico del collezionista, ancor oggi valido: “Insaziabile e instancabile ricercatore, divorato dalla febbre del desiderio, ossessionato dalla frenesia del passato, cacciatore e giocatore disposto ad ogni astuzia e follia, avaro e dissipatore per servire il demone dal quale è posseduto“.
È in sostanza, quello del collezionista, un “vizio sublime” che però trova la sua catarsi, la sua giustificazione di riscatto nel trasformarsi in “strumento sociale” di educazione e di ricerca. |
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È così che le “colpe” di felicità egoistica possono trovare assoluzione nella prospettiva di un utile collettivo. Dando funzione sociale al collezionismo, viene a sparire ogni equivoco perché spontaneamente si integra e si collega a vicende storiche ed a caratteri propri del patrimonio culturale. |
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