Lanterna Magica (inv. 630)

Lanterna Magica (inv. 630)

Per festeggiare la Giornata Mondiale del Cinema italiano, 20 gennaio, il Museo Mangini Bonomi ricorda la propria piccola collezione di oggetti di “precinema”, esposti nella vetrina “Giochi” al primo piano del Museo, sala A, e visibili nel Sito. Sono tre lanterne magiche coi relativi vetrini dipinti all’acquerello – e un “cinematografo”, con 17 piccole pellicole.
Di rilievo, il fatto che la lanterna magica nella foto in alto (inv. 630), acquistata nel 1973 da Emilio Carlo Mangini in una Mostra Antiquaria a Palazzo Pitti, avesse attirato l’attenzione di Adriana Prolo, storica fondatrice del Museo del Cinema di Torino, che cercò di assicurarsela, senza ottenerla. La straordinaria collezione raccolta da Prolo fa parte della sezione “Archeologia del Cinema” del Museo del Cinema torinese, nella Mole Antonelliana.

Al fine di riprodurre oggetti su superficie, a partire dal XVI secolo venne elaborata la “camera oscura”: nella parete di una camera in completa oscurità veniva creata una piccola apertura attraverso cui proiettare immagini sulla parete interna opposta al foro, con un’illusione scenica di forte impatto. Presto, tale scoperta abbandonò la pratica scientifica per divenire uno strumento d’intrattenimento, problematico per l’epoca, poiché molti, soprattutto in ambito religioso, temevano utilizzi “diabolici” dello strumento.

Vetrini (inv. 630)

Vetrini (inv. 630)

Occorreva che la camera oscura venisse liberata dalla dipendenza dalla luce solare. Il primo tentativo si dovette al gesuita Atthanasius Kircher (1602-1680), autore nel 1644 di Ars Magna Lucis et Umbrae, testo cardine della storia del precinema. Pose in cima a un cilindro un’elica in latta rotante, associata a un disegno traslucido. La combustione di una candela metteva in moto l’elica, così le immagini del disegno volteggiavano attorno alla luce. La lanterna magica fu ulteriormente perfezionata dall’olandese Christiaan Huygens (1629-1695). Suo padre, Constantin, nel 1622 aveva conosciuto a Londra il connazionale Cornelis Jacobz Drebbel, esperto in magia bianca e nera, diottrica e catottrica, che stimolò la curiosità di Christiaan che, già votato per le scienze e la matematica, cominciò a studiare diottrica e affinò il taglio delle lenti ellittiche e iperboliche, così da confezionare lanterne magiche più avanzate e i primi esemplari di telescopi, con intento scientifico. Fu il padre, invece, a comprenderne la portata ludica, ricevendo commissioni dalle principali corti europee.

La lanterna magica ebbe impiego spettacolare e didattico sia nei contesti popolari di piazza, sia in quelli accademici. Nel primo caso, ne è attestato l’utilizzo nel periodo precedente la Rivoluzione Francese, quando manifestini anonimi diffondevano gli itinerari di spettacoli di lanterna magica contenenti attacchi alla monarchia. Nel secondo caso, la lanterna magica veniva impiegata per mostrare alle classi di fisica e scienze naturali immagini o esemplari materiali, come insetti vivi.

Cinematografo (inv. 2040)

Cinematografo (inv. 2040)

Nel corso dell’Ottocento, la ricerca proseguì per creare l’effetto del movimento. L’evoluzione del cinematografo nasce dall’assunto della persistenza dell’immagine sulla retina umana: secondo Michael Faraday e Peter Mark Roget, se si sottopongono immagini in rapida successione all’occhio umano, questo non registra le frazioni di tempo in cui l’immagine non c’è e, se le immagini presentano piccole differenze, si crea l’impressione del movimento. Le invenzioni si susseguirono: uno dei primi esempi fu il kinetoscopio di Edison, quindi lo zoopraxiscopio di Eadweard Muybridge (1830-1904), fotografo inglese trasferitosi in America, quindi la cronofotografia o “scrittura del tempo attraverso la luce” del fisiologo francese Étienne Jules Marey. Infine, a Parigi, il padre dei fratelli Lumière, Antoine, vista nel 1894 l’esibizione di un kinetoscopio, comprese che occorreva perfezionarlo con un meccanismo estremamente preciso che trascinasse la pellicola in modo intermittente, ideato dai figli.

Il cinematografo permise sia una l’autorappresentazione della società coeva, sia l’accesso a un immaginario fino ad allora impensabile dalla società non d’élite: celebri sono infatti le riprese in paesi esotici, collegati direttamente o indirettamente con i domini coloniali.

Liliana Pittarello, Direttrice, da schede catalografiche di Valentina Gamberi, antropologa PhD, 2022