Nella notte del 22 giugno scorso si è spento a Milano, alla vigilia del suo 99° compleanno, Arnaldo Pomodoro, celebre scultore, protagonista indiscusso dell’arte contemporanea italiana e internazionale.
Il Museo Mangini Bonomi rende omaggio al celebre Maestro e si unisce al cordoglio del mondo della Cultura, presentando alcune opere della propria Collezione d’arte contemporanea,  poco nota perché  per ora non visibile al pubblico.

Nato a Morciano di Romagna nel 1926, Pomodoro ha trascorso la giovinezza tra Emilia e  Marche. Dopo il diploma da geometra si avvicina alla scenografia e all’oreficeria, per poi dedicarsi alla scultura.
Nel 1954 si trasferisce a Milano insieme al fratello minore Giò, entrando subito in contatto con figure chiave dell’arte del tempo, come Lucio Fontana, Gastone Novelli, Enrico Baj, Piero Dorazio, Ugo Mulas e Francesco Leonetti. Sono anni di grande fermento creativo: nel 1955 espone le prime sculture alla Galleria del Naviglio, poco dopo aderisce al gruppo “Continuità” e nel 1959 compie il primo viaggio di studio negli Stati Uniti. La vera consacrazione arriva negli anni Sessanta: nel 1964 partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia e nel 1968 realizza la sua prima monumentale Sfera grande, di tre metri di diametro, per l’Expo di Montréal. Da allora, le sue celebri Sfere, Sfere con sfere, Dischi, Coni e Colonne trovano spazio nelle piazze e nei musei di tutto il mondo: Milano, Pesaro, Roma, Copenaghen, Darmstadt, Dublino, Parigi, Los Angeles, New York, Tokyo.
Nel corso della sua lunga carriera, Pomodoro non ha mai rinunciato alla passione per la scenografia, creando vere e proprie “macchine spettacolari” per il teatro. Ha insegnato in prestigiose università americane e ha firmato installazioni architettoniche, progetti per il mondo del gioiello e importanti allestimenti, come la Sala d’Armi del Museo Poldi Pezzoli, realizzata nel 2000.
Le mostre antologiche degli ultimi decenni lo hanno consacrato come uno degli artisti più significativi del nostro tempo. Oggi le sue opere fanno parte delle collezioni dei principali musei e raccolte private del mondo.

Nella sua ricerca artistica, Arnaldo Pomodoro si è concentrato sulle forme pure della geometria solida — sfere, coni, dischi e cilindri — realizzate in bronzo, metallo, rame e fiberglass. Queste forme sono state incise, perforate, spezzate, fratturate e aperte, dando vita a un gioco, a volte anche ritmico, di pieni e vuoti. I gesti dell’artista hanno rotto la perfezione delle superfici, rivelando un interno concepito come una dimensione ‘altra’, oltre la realtà, carica di tensione e mistero.
Nelle sue opere affiorano rilievi che si presentano come una sorta di scrittura indecifrabile, arcaica e archetipica: un rimando poetico alla scrittura cuneiforme delle antiche civiltà mesopotamiche. Pomodoro ha spesso raccontato di essere stato profondamente affascinato da tutti i segni dell’uomo, soprattutto da quelli più antichi, semplici e intensi, capaci di custodire e trasmettere memorie e racconti lontani.
Ispirandosi a questi segni primordiali e reinterpretandoli in chiave personale, l’artista ha dato forma a un linguaggio unico, che Giulio Carlo Argan ha definito una “illeggibile lingua perduta”, capace di emozionare e interrogare lo sguardo di chi si sofferma davanti alle sue opere.

Nella raffinata e importante Collezione d’arte contemporanea di Giuseppe Mangini, figlio di Emilio Carlo, conservata al quarto piano della Casa Museo (in uno spazio purtroppo non accessibile al pubblico), sono custodite alcune opere di Arnaldo Pomodoro:

  • un Rilievo in bronzo del 1961 (tiratura 1 di 2, inv. 3255), già esposto eccezionalmente nel primo piano del nostro Museo lo scorso anno per nel quadro dell’iniziativa “Museo Segreto” di MuseoCity 2024
  • un Disco rotante in bronzo dorato su base in ferro del 1980 (tiratura 1 di 9, inv. 3254);
  • una piccolissima Scultura in argento piatta e rettangolare (inv. 3253);
  • Infine, nell o straordinario Libro d’artista di Giuseppe (un quaderno che raccoglie, disegnate o scritte sulle diverse pagine, 26 opere e dediche di artisti italiani e internazionali incontrati e conosciuti tra il 1978 e il 1986), figura anche una preziosa testimonianza dell’artista romagnolo. Si tratta di una doppia pagina che comprende in basso a destra la frase, scritta a matita, “Al punto morto del mondo che si volge — O nascosto!”, tratta da Thomas Stearns Eliot, riportata anche in inglese in alto a sinistra, e al centro, posti in diagonale, un disco in miniatura in metallo lavorato, che si allunga come la proiezione della sua ombra a inchiostro e smalto su carta e carta velina (inv. 3292). Realizzata nell’estate del 1979, quest’opera reca in alto a sinistra una semplice, ma intensa dedica: “a Giuseppe, estate plumbea a Milano”,  seguita dalla data e dalla firma: “Arnaldo”.

Con questo approfondimento, il Museo Mangini Bonomi rende omaggio ad Arnaldo Pomodoro e si fa orgoglioso custode della grande testimonianza artistica di questo intramontabile Maestro.

La Direzione