(Milano 7 ottobre 1945 – Milano 15 dicembre 1988)
Laureato in lettere, appassionato d’arte e architettura, uomo di grande sensibilità e cultura, imprenditore e collezionista, Giuseppe Mangini fu l’unico figlio di Emilio Carlo e Angela Sironi.
A lui si deve la scelta della casa di via dell’Ambrosiana 20, che col padre acquistò nel 1978, inizialmente come abitazione e luogo di conservazione delle collezioni, successivamente come sede della Fondazione Emilio Carlo Mangini, costituita da entrambi nel 1985.
Accorto e raffinato collezionista, Giuseppe ebbe il tempo soltanto di avviare una sua collezione d’arte, poiché morì all’età di soli 43 anni. Le sue opere (un centinaio, di periodi storici e ambiti culturali differenti) furono ereditate dal padre e confluirono così nelle collezioni del Museo, apportando contenuti e significati del tutto diversi rispetto a quelli della raccolta di Emilio. Questi ebbe la sensibilità e l’intelligenza di sistemare la collezione del figlio separatamente rispetto ai propri “oggetti d’uso”, allestendo le opere d’arte antica nell’ufficio a piano terra e nella dimora e la raccolta d’arte contemporanea al quarto piano, dedicato ad opere di Otto e Novecento.
Da studioso attento, Giuseppe si documentava in modo metodico e scrupoloso, come risulta evidente nelle carte dell’archivio del Museo. Ne è un esempio il tenace impegno con cui fece studiare negli anni Settanta il ‘Fondo oro’ Cristo crocifisso, tra San Giovanni e la Vergine, con Maria Maddalena per indagarne l’autenticità, poi confermata. Particolarmente significativi sono altri suoi acquisti, alcuni dei quali effettuati a Parigi: il settecentesco Plan Turgot, grande pianta di Parigi a volo d’uccello, il prezioso arazzo con La resa di Budapest della manifattura francese di Beauvais e i quattro rari Talsam etiopi.
Ma la vera peculiarità della collezione di Giuseppe deriva dalla sua personale relazione con l’ambiente intellettuale e artistico dell’epoca, con artisti delle avanguardie, soprattutto milanesi ma anche di altre città italiane ed estere. Di grande rilievo in tal senso è il “Libro d’arte”, un piccolo quaderno sulle cui pagine artisti, conoscenti o amici di Giuseppe, tra il 1978 e il 1986 realizzarono 25 opere, facendo del libretto una vera e propria summa di storia dell’arte “per immagini”, atta a documentare le correnti artistiche più innovative sviluppatesi dopo la Seconda guerra mondiale, fortemente influenzate dai movimenti metafisici e di astrazione. Alcuni artisti presenti nel libro, come Keith Haring, Arnaldo Pomodoro, Fausto Melotti, Pietro Consagra ed Emilio Tadini, solo allora si affacciavano nel panorama artistico per diventare più tardi delle star internazionali. Nelle collezioni di Giuseppe sono presenti, anche con opere singole, diversi artisti del libro (Arnaldo Pomodoro, Pietro Consagra, Gualtiero Mocenni, Paolo Schiavocampo, Gloria Argéles e Andrea Cascella).
In una delle pagine, il padre lasciò una rosa, accanto alla dedica post-mortem per il figlio: le due generazioni di collezionisti sono oggi simbolicamente riunite nel Museo.
Olga Piccolo, storica dell’arte (PhD)
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