La caratteristica che connota e rende unica la Casa Museo Mangini Bonomi sta nel particolare gusto antiquariale di Emilio Carlo Mangini, curioso ironico ed intrigante, mirato a documentare vari aspetti della vita del passato, ma anche attento a creare stupore – quando non sconcerto – nei visitatori e nei posteri, come in una inedita e vastissima wunderkammer.

Targa marmorea affissa all’ingresso del primo piano espositivo

Targa marmorea affissa all’ingresso del primo piano espositivo

Raccolse così circa 3700 oggetti di prevalente interesse demoetnoantropologico, spesso molto rari: oggetti d’uso (da lui perlopiù definiti “oggetti di vita”), che raccontano come viveva una volta l’uomo: la vita privata, il lavoro, la fede, le superstizioni, i divertimenti. La sua curiosità era onnivora e non troppo selettiva, non chiarì mai i percorsi e le motivazioni delle sue scelte, ma – avviando lo studio sulla sua figura – appaiono corrette le affermazioni di chi lo conobbe bene: la raccolta fu generata dalla sua insaziabile e intelligente curiosità, dal suo intuito e determinazione, ma anche dalla casualità, che Mangini sapeva con sapienza cogliere e inseguire. Ne risultò una raccolta volutamente eterogenea di “oggetti di vita”, fra i quali comprese anche l’interessante collezione di armi, molti cimeli e ricordi di personaggi del passato, i mobili della dimora e molto altro. Inventariò personalmente ed allestì il tutto senza gerarchie di valore, né economico né culturale, a parte lo scarso interesse sempre dichiarato per l’arte contemporanea.

La ricchezza tipologica della raccolta rende difficoltoso oggi – ma col nuovo Data Base lo si è tentato – imbrigliare gli oggetti all’interno degli standard e vocabolari definiti dall’ICCD (Istituto Centrale del Catalogo e della Documentazione), come non dovette essere semplice per Mangini e le sue collaboratrici organizzarli – a posteriori – nelle Sezioni tipologiche, che infatti furono ben 41, compresa la inafferrabile Sezione “curiosità”. Fu certo molto complesso anche l’allestimento, che Mangini volle dell’intera raccolta e che, dovendosi misurare con gli spazi della casa, solo in parte riuscì a far corrispondere alla ideale organizzazione per Sezioni, nel rigido ordinamento sistematico che con volontà testamentaria impose immodificabile, consapevole della difficoltà del visitatore nel decifrare temi e logiche della raccolta e determinato a lasciarcene la sua personale interpretazione, da non variare.

Ma ecco che molti oggetti sono così ricchi di significati da sfuggire idealmente a questo ordine forzato, per offrirsi a letture che possono essere diverse a seconda della formazione dell’esperto o dell’esperienza, sensibilità e curiosità del visitatore. In questa possibile fluidità di lettura – facilitata ora dal digitale – può nascondersi un valore aggiunto del Museo, da coltivare: quello secondo cui ciascuno, visitatore od esperto, può scoprire le personali ragioni di interesse e offrire della raccolta una propria interpretazione.
In questo insieme complesso fatto di infinite voci – e non tanto nei pezzi di pregio che pure ci sono – sta l’unicità e il particolare interesse delle collezioni, i cui oggetti non sono solo da considerare come beni singoli, ma da inserire in reti di connessioni, molto spesso ancora da ricercare o costruire da parte nostra, degli studiosi, dei visitatori, reti che possono portare a suggestioni e raccordi con musei o istituzioni o studiosi anche molto lontani.

Per facilitare l’approccio alla raccolta, si è elaborata nell’occasione del nuovo sito web una presentazione delle collezioni semplice, intuitiva e, ci pare, convincente, cercando da un lato di rispettare l’interpretazione lasciata dal Fondatore – pur coi necessari aggiornamenti ed alcune correzioni – e aprendo dall’altro lato ad alcune letture innovative: da qui, le nove “collezioni” create per gli oggetti d’uso e la scelta di presentare per piani gli oggetti di pregio e d’arte della dimora, insieme con gli arredi.

Liliana Pittarello, direttrice del Museo